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Spoleto

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Trekking Da Macerino all’eremo di Fra’ Bernardino

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Trekking Ferentillo: da San Michele alle mummie

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Trekking monte Patino: verso l’anello del Monte

Trekking monte Patino: escursione fra i monti Sibillini, lungo il tragitto della valle dei mille colori fino alla cima del Monte Patino.

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Scopri Spoleto

Scopri Spoleto la città che da secoli affascina artisti e viaggiatori.

Grandi autori del passato come Herman Hesse, Goethe e Stendhal hanno dedicato a Spoleto parti delle loro opere o alcune righe delle epistole private che scrissero durante i loro viaggi in Italia. Rimasero tutti piacevolmente colpiti dalla bellezza di questa città. Prima ancora di varcarne le mura, sarai ammaliato dalla vista del magnifico Ponte delle Torri che tanto aveva colpito il filosofo tedesco.

La grandiosità dell’architettura rinascimentale si fonde in maniera armonica e magico-suggestiva alle folte chiome degli alberi che popolano i fitti boschi della valle circostante. Le antiche vestigia romane, testimoni di un periodo di floridezza, si ergono ancora spavalde tra i monumenti medievali e moderni.

La Rocca Albornoziana ed il Monte Luco sono scenari di un paesaggio che sembra quasi sempre un presepe a grandezza naturale. Passeggiando tra le vie di Spoleto, scopri le famose sculture che fin dal 1962 hanno segnato la storia artistica del Novecento. Annusa i profumi della tradizione e della cucina genuina, perditi tra le decorazioni architettoniche delle innumerevoli chiese che occupano tutti gli angoli della città. Avrai l’impressione di trovarti ancora in una delle città più forti ed importanti di tutto il centro Italia.

Il Ducato di Spoleto, infatti, dopo la caduta dell’Impero Romano assunse una grande importanza strategica nel nuovo scenario politico italiano. Riuscì a mantenere sotto il suo controllo la vasta area circostante per diversi secoli.

E, se ti troverai a visitare la città in occasione della sua manifestazione più importante, il leggendario Festival dei Due Mondi, beh allora sì che avrai la chiara percezione che nonostante il trascorrere del tempo Spoleto non abbia mai perso la sua grandezza!

Alla scoperta di Spoleto

Scopri cosa vedere a Spoleto, la città del Ducato.

Amate la storia antica, romana e tardomedievale? Apprezzate le forme e i decori dell’architettura religiosa, vi emozionate davanti alla natura e alla scultura e, per caso, avete anche seguito la fiction televisiva di Don Matteo con Terence Hill protagonista? Allora la visita della città di Spoleto non mancherà di regalarvi eccezionali sensazioni. La nona stagione della serie TV è stata interamente girata tra le vie cittadine. Tra i luoghi più suggestivi del centro storico e dintorni, dal Duomo fino alla Rocca Albornoziana.

Attraversando il centro urbano da sud vi imbatterete nell’area archeologica cittadina. La zona in cui a pochi metri di distanza l’uno dall’altro si conservano una lunga serie di monumenti di epoca romana. Notevoli testimonianze dell’importanza che Spoleto dovette rivestire ai tempi dell’impero: l’Arco di Druso e Germanico, il Teatro romano, la Casa Romana (forse dimora della madre dell’imperatore Vespasiano, Polla), la Chiesa di S. Ansano con la sottostante Cripta di S. Isacco (costruite con materiali di recupero su un precedente tempio romano e chiesa paleocristiana) e, infine, il Complesso dedicato a S. Agata, che oggi ospita il Museo Archeologico Nazionale.

Proseguendo la risalita sul lato orientale della città, prima di raggiungere il cuore di Spoleto, incontrerete la Chiesa di S. Eufemia all’interno del cortile Arcivescovile. Poi il trecentesco Palazzo Comunale. L’elegante Palazzo Mauri, oggi sede della Biblioteca Comunale, ed una serie di edifici religiosi dalle peculiari caratteristiche architettoniche in cui sono conservate opere d’arte di maestri locali e non. Tutti gravitano intorno a piazza Duomo: la Chiesa di S. Filippo Neri, la Chiesa di S. Domenico, la Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo e la Chiesa di S. Maria della Manna d’Oro.

Raggiunta la parte centro orientale del centro storico vi ritroverete nel cuore pulsante della città. Su piazza Duomo. Su cui si affacciano l’elegantissimo portico, il mosaico del Cristo e i rosoni decorativi della facciata della Cattedrale romanica dedicata a S. Maria Assunta. Dopo averle dedicato il giusto tempo, proseguite ancora verso nord nel percorso per scoprire cosa vedere del centro storico e dei suoi monumenti prima di perdervi nelle meraviglie che la città di Spoleto offre oltre la sua cinta muraria ben conservata.

L’area settentrionale della città ospita i resti dell’Anfiteatro Romano, del Convento di S. Nicolò, presso il quale dimorò anche Martin Lutero nel 1512, la leggendaria e suggestiva Torre dell’Olio, da cui veniva lanciato olio bollente sugli invasori nemici, il Ponte Sanguinario, conservatosi solo in parte e il cui nome è forse dovuto al sangue ivi versato dai martiri cristiani, e, infine, l’interessante Basilica di S. Gregorio Maggiore.

Al di là delle sue mura, Spoleto riserva ancora parecchi tesori da scoprire. In particolare la magnifica Basilica di S. Salvatore. Perché riconosciuta, dal 2011, come patrimonio mondiale dell’UNESCO in quanto parte del sito seriale “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)”. Immancabile poi sarà una visita allo scenografico Ponte delle Torri. Con il suo maestoso ed elegante profilo caratterizza in maniera unica la cittadina umbra congiungendo il colle Sant’Elia al Monteluco. Rimarrete colpiti dall’imponenza della rocca albornoziana, il presidio difensivo costruito sulla sommità del colle Sant’Elia. Divenuto nel tempo sede di papi e governatori, oggi ospita il Museo Nazionale del Ducato di Spoleto.

Passeggiando oltre le porte della città, dal lato meridionale, avrete la possibilità di visitare tre interessanti luoghi di culto: la Chiesa di S. Paolo Inter Vineas, il Santuario della Madonna di Loreto e, assolutamente da non perdere, la Chiesa di S. Pietro extra moenia. Quest’ultima, infatti, è considerata una delle chiese più belle ed interessanti dell’intera Umbria. E’ la decorazione scultorea della sua facciata a caratterizzarla particolarmente. Si presenta, infatti, come un piacevolissimo groviglio di contenuti religiosi e allegorie fabulistiche medievali, raccontate attraverso rilievi decorativi di straordinaria bellezza.

Il Duomo di Spoleto, con la sua meravigliosa facciata, costituisce una sorta di quinta scenica di fondo presso Piazza Duomo, sulla quale sorge circondata da numerosi altri edifici.

La cattedrale venne realizzata nel XII secolo sui resti di un precedente edificio religioso intitolato a S. Maria del Vescovado, che a sua volta si imponeva su un più antico luogo di culto dedicato al martire Primiano. La Cripta di S. Primiano, a cui si accede tramite la canonica, è databile al IX secolo e rappresenta l’unica porzione originale dell’antica cattedrale, ricostruita alla fine del XII secolo.

La facciata del Duomo di Spoleto è affiancata sul lato sinistro dall’imponente torre campanaria quadrangolare ed è costituita da un elegante porticato con cinque arcate a tutto sesto sorrette da colonne corinzie, mirabile opera del maestro Ambrogio Barocci del 1492. La parte superiore si articola in due livelli separati da un cornicione sorretto da archetti ciechi: l’ordine inferiore è decorato da cinque bellissimi rosoni, quello centrale di dimensioni maggiori, è circondato dai simboli dei quattro evangelisti; l’ordine superiore presenta tre rosoni e tre nicchie ogivali, quella centrale, di maggiori dimensioni, è decorata dal meraviglioso mosaico con Cristo in trono tra la Madonna e S. Giovanni Evangelista. Gli elementi decorativi sono ulteriormente impreziositi dall’uso di blocchi di pietra locale, bianca e rosa che risaltano i particolari architettonici.

All’interno lo spazio è suddiviso in tre navate con abside centrale, la pianta è a croce latina con transetto. L’edificio ospita una grandissima quantità di opere d’arte di artisti di epoche differenti: il busto in bronzo di Urbano VIII venne realizzato da Gian Lorenzo Bernini nel 1640; la Croce dipinta con l’iconografia del Cristo vivo (triumphans) è opera di Alberto Sotio del 1187; il ciclo dipinto con Storie della Vergine, che decora l’abside centrale, venne affrescato da Filippo Lippi tra il 1467 e il 1469.

Infine, assolutamente degne di note sono due cappelle: la Cappella della Santissima Icona in cui è conservata una tavoletta bizantina del XII secolo, che la tradizione racconta fosse donata alla città di Spoleto da Federico Barbarossa in segno di pace; e la Cappella delle Reliquie in cui è custodita una delle uniche due lettere autografe di San Francesco ancora esistenti. Si tratta di una piccola pergamena rettangolare (cm 13×6), in pelle di capra, formata da diciannove righe indirizzate a Fra Leone. L’altra lettera autografa è la cosiddetta chartula, conservata nella Basilica di Assisi, che la tradizione vuole scritta da Francesco nel 1224, dopo la stigmatizzazione sul monte Verna.

L’interno dell’edificio così come si presenta oggi ai nostri occhi, è frutto di un deciso intervento seicentesco che gli conferì uno stile barocco.

All’interno del Cimitero Civico di Spoleto, tristemente fuori dai circuiti turistici tradizionali e quasi dimenticata, sorge la Basilica di San Salvatore, definita dal grande storico spoletino Giuseppe Sordini ” il maggiore monumento spoletino dell’antichità”.

La Basilica infatti, sebbene non ci siano documenti storici ad accertarne la fondazione con esattezza e ci siano ipotesi differenti tra gli studiosi per la datazione d’origine, è chiaramente un edificio di epoca paleocristiana, una delle rare e più importanti testimonianze di architettura religiosa dei secoli IV e V.

A certificarne l’importanza è stata l’UNESCO che, nel 2011, ha inserito la Basilica e le altre architetture che compongono il sito “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)” nella lista dei Patrimoni dell’Umanità.

Nel corso dei secoli la Basilica ha visto cambiare non solo il proprio aspetto per i diversi interventi, ma anche il proprio nome. Originariamente legata al culto cimiteriale, pare fosse dedicata ai santi martiri Concordio e Senzia, ai quali venivano attribuite virtù taumaturgiche.

Nell’ 815, un documento longobardo cita l’edificio dedicandolo a San Salvatore, un cambiamento forse voluto dai duchi di allora. Successivamente, viene di nuovo ricordato come Monasterium Sancti Concordii, infine nel Cinquecento, per via di alcuni affreschi che richiamavano il culto del crocifisso realizzati nelle pareti interne dell’abside, venne chiamata Chiesa del Crocifisso.

Soltanto in epoca moderna e con gli ultimi interventi di restauro del Novecento, la basilica ha ripristinato il definitivo titolo di San Salvatore.

L’edificio presenta una facciata con tre portali, di cui solo quello centrale permette ancora l’ingresso, gli altri due risultavano murati già prima del restauro in epoca moderna. La parte superiore è invece decorata da tre finestre, con la centrale di dimensioni maggiori rispetto alle altre due.

All’interno lo spazio è articolato in tre navate separate da colonne doriche e pilastri che definiscono sette campate. Sulle pareti, seppure molto rovinati, possono riconoscersi resti di pregiati affreschi databili al XII- XIII secolo raffiguranti il Padre Eterno, La Madonna fra i Santi, la Crocifissione.

Oggi la chiesa non è agibile ed è possibile osservarne l’interno solo affacciandosi al portone d’ingresso.

 

Annesso alla Basilica di San Salvatore si trova il Monumentale Cimitero Civico di Spoleto, progettato nel 1836 dall’architetto Ireneo Aleandri, autore di altri importanti edifici cittadini come il Teatro Nuovo. Al cimitero si accede tramite una scala monumentale, ai lati della quale si aprono due ali destinate ad accogliere le sepolture di personaggi illustri. Sebbene sia un’aggiunta successiva al precedente progetto dell’Aleandri, la struttura ne rispetta perfettamente lo stile neoclassico, impreziosendo anche l’effetto scenografico della Basilica.

Tra le tante, spiccano le sepolture delle Famiglie Antonelli, Bachilli e Sansi con sculture e pitture decorative monumentali e di grande pregio.

La Basilica di San Gregorio Maggiore è splendidamente affacciata sulla Piazza Garibaldi, sul lato opposto rispetto al monumento dedicato al grande eroe della storia italiana, a poca distanza da uno degli accessi al centro storico della città, Porta di San Gregorio. Si tratta solo di uno dei vari edifici dedicati al santo martire all’interno delle mura cittadine infatti, oltre alla basilica, si trovano altri luoghi di culto presso il ponte Sanguinario, legato anch’esso alla biografia del Santo, e presso il foro San Gregorio della Sinagoga.

La Basilica di San Gregorio Maggiore sorse su una precedente area cimiteriale e venne eretta nelle forme attuali nel 1079, subendo numerosi rimaneggiamenti nei secoli successivi ma, secondo la tradizione, la chiesa originaria venne fondata nel IV secolo da una vedova di nome Abbondanza che recuperò il corpo del Martire dandogli sepoltura ed edificando il luogo di culto.

La facciata monumentale presenta tre arcate trecentesche nella parte superiore, circondate da tre archi rincassati. Quello centrale conserva resti di un affresco cinquecentesco attribuito a Giovanni da Foligno, identificabile forse con l’artista Giovanni di Corraduccio. L’ingresso all’edificio è consentito grazie al monumentale portale realizzato nel 1597 per volere del vescovo Sanvitale, inquadrato ed impreziosito da un portico cinquecentesco a tre fornici.

All’interno la basilica si articola in tre navate, con presbiterio rialzato, a sua volta tripartito in navatelle di piccole dimensioni e terminanti con absidi. Ai lati si aprono varie cappelle, tra le quali le più importanti sono la Cappella del Sacramento, in cui è conservato un Tabernacolo del 1523, che venne trasferito dal monastero della Stella di Spoleto nel 1860; e la Cappella degli Innocenti in cui si conservano scene decorative ispirate alla storia della chiesa e di S. Abbondanza: la santa che erige l’edificio e i martiri che vengono gettati dal Ponte Sanguinario.

Interessante è anche la cripta sottostante il presbiterio, di grandi dimensioni con un impianto articolato e suddiviso in cinque navatelle con tre absidi. Un’iscrizione e la tradizione raccontano che ben dieci mila martiri vi vennero sepolti. Effettivamente la cripta ospita numerosi resti umani di varie epoche, deposti in diversi sarcofaghi.

L’edificio conserva ancora frammenti di pavimento a ornati cosmateschi, affreschi databili al XII-XV secolo e numerosi materiali di spoglio del periodo romano. Questi sono particolarmente visibili, oltre che nella cripta, anche nel campanile, finito di costruire nel 1492.

Annesso alla chiesa si trova, infine, un elegante chiostro con un doppio ordine di arcate a tutto sesto sorrette da pilastri ottagonali in cotto. Il primo ordine fu costruito probabilmente nel XII secolo contemporaneamente alla chiesa mentre il secondo, al livello superiore, fu forse un’aggiunta del Cinquecento.

Il Ponte delle Torri è una straordinaria opera architettonica che con la sua mole e la sua bellezza caratterizza in maniera unica il profilo della città di Spoleto. Si tratta di un imponente struttura realizzata in blocchi di calcare locale, costituita da nove grandi piloni che sorreggono dieci arcate ogivali su cui si stende un percorso di collegamento tra il colle S. Elia, dove sorgono la Rocca Albornoziana e la città di Spoleto, ed il Monte Luco. La funzione del Ponte è doppia in quanto costituisce sia un elemento di collegamento tra il monte e la città, sia un vero e proprio tratto di acquedotto. Infatti, lungo tutta la lunghezza del percorso corre un canale che porta l’acqua dal Monte alla città. L’opera architettonica, alta più di 80 metri e lunga circa 236, è di difficile datazione. Alcuni studiosi pensano che sia stata realizzata nel Duecento sui resti di un antico acquedotto romano, altri la datano al XIV secolo, periodo in cui il cardinale Albornoz diede avvio ai lavori di realizzazione della Rocca.

Il nome forse deriva dalle due Torri che anticamente ne sorvegliavano le estremità, una in corrispondenza del colle S. Elia, l’altra presso il Fortino dei Mulini, dove ancora oggi si trovano due mulini comunali che raccolgono le acque provenienti dal Monte Luco e le convogliano nel ponte.

I due piloni centrali della struttura sono cavi e ospitavo alcuni ambienti probabilmente usati come guardiole per la sorveglianza dell’acquedotto e dei beni in transito che erano soggetti a dazio.

Il ponte delle Torri costituisce da sempre un punto privilegiato per ammirare un paesaggio mozzafiato. Da qui, infatti, è possibile godere di uno splendido panorama sulla città e sulla valle circostante che non mancherà di sorprendere turisti e visitatori come già fece con il tedesco Johann Wolfgang von Goethe, il quale dedicò al ponte un’intera pagina del suo Viaggio in Italia. Il ricordo della sua visita è inciso su una targa nei pressi del ponte stesso.

La Rocca di Albornoz, nota anche come Castello di Spoleto, venne eretta a partire dal 1359 sulla sommità del colle Sant’Elia, in posizione sopraelevata e dominante rispetto alla città ed alla valle circostante. La costruzione di questo imponente edificio militare destinato al controllo della via Flaminia venne commissionata dal Papa Alessandro VI, unitamente a numerose altre rocche simili, allo scopo di ripristinare il potere papale sui territori dell’Italia centrale durante la sua cattività Avignonese. Il pontefice, che dimorava ad Avignone, inviò a Spoleto il potente Cardinale spagnolo Albornoz, il quale affidò la direzione dei lavori, conclusisi nel 1370, a Matteo di Giovannello da Gubbio, detto il “Gattapone”.

Per la sua posizione strategica e per l’imponenza dell’edificio, la rocca di Albornoz divenne sede di importanti personaggi nel corso dei secoli come rettori del Ducato, governatori della città e legati papali. Secondo la tradizione, la stessa Lucrezia Borgia figlia di Alessandro VI che la nominò a soli 19 anni reggente del Ducato di Spoleto, soggiornò presso la Rocca per due volte: nel 1499 per tre mesi e nel 1502 per una breve sosta lungo l’itinerario che la portava a Ferrara.

L’impianto architettonico presenta una pianta rettangolare difesa da sei imponenti torrioni, il più grande e centrale dei quali è chiamato “Torre della Spiritata” forse in riferimento all’efferata figlia del pontefice. All’interno delle mura perimetrali si sviluppano due cortili: il Cortile delle Armi, dedicato alla milizia armata e il Cortile d’Onore, dedicato agli amministratori e ai governatori, quest’ultimo decorato da un doppio loggiato interamente in cotto e da un elegante pozzo esagonale. Tra i numerosissimi ambienti interni vanno menzionati sicuramente il Salone d’Onore, la sala più vasta dell’intero edifico destinata a cerimonie e banchetti e decorata con affreschi cinque-seicenteschi, e la Camera Pinta (o Picta) anch’essa decorata con scene cavalleresche affrescate tra il 1392 ed il 1416.

Dal 1817 fino al 1983 la fortezza divenne sede carceraria e perdette molte delle opere d’arte custodite al suo interno. Solo in seguito alla chiusura del carcere venne sottoposta ad un attento lavoro di restauro e valorizzazione che portò all’inaugurazione, nel 2007, del Museo Nazionale del Ducato. L’impianto museale si articola in ben 15 sale storiche della fortezza e si suddivide su due piani. Quello inferiore presenta opere e materiali disposti in ordine cronologico che raccontano la storia del territorio identificato con il nome di Ducato di Spoleto in un periodo compreso tra il IV e il XV secolo d.C. Quello superiore conserva numerose opere scultoree e pitture realizzate tra il periodo romanico ed il Rinascimento.

La Casa Romana fu scoperta nel 1985 dall’archeologo spoletino Giuseppe Sordini, il quale si dedicò alla sua ristrutturazione fino al 1914, anno della sua morte.

La casa si trova in prossimità del Foro romano, attuale Piazza Mercato. Si tratta sicuramente di una casa appartenuta ad un personaggio di spicco dell’epoca, questo si deduce dalla raffinatezza degli elementi decorativi e dalla sua architettura. Durante gli scavi fu rinvenuta un’iscrizione dedicata all’imperatore Caligola e firmata da Polla, questo cognome non può non far pensare che la casa fosse appartenuta a Vespasiana Polla, madre dell’Imperatore Vespasiano e originaria della zona tra Norcia e Spoleto. Nonostante i molteplici restauri fatti nel corso del tempo, il tipo di muratura e lo stile degli affreschi e dei mosaici collocano la Casa Romana nel I secolo d.C. infatti, la divisione dei suoi ambienti ci riporta subito allo schema architettonico usato nelle case patrizie costruite tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio di quella imperiale. Gli ambienti della Domus conservano dei bellissimi mosaici pavimentati quasi intatti. Dopo un breve corridoio si accede alla sala centrale, l’Atrium, al centro del quale si può ammirare l’Impluvium, una vasca di forma quadrata nella quale si raccoglieva l’acqua piovana per poi convogliarla nella sottostante cisterna profonda 7 metri. Subito dopo l’Atrium si entra nell’Ablinum, la sala più elegante e ricca della casa, luogo dedicato alle attività familiari, politiche e sociali del proprietario. Questa sala è fiancheggiata da due ambienti minori la cui decorazione risale probabilmente ad epoca più tarda. L’ambiente di sinistra probabilmente comunicava, in origine, con il Peristilium che era un giardino interno chiuso da un portico.  Intorno all’atrio si dispongono due camere da letto (cubicola), e due ambienti aperti (alae). I Mosaici pavimentati a tessere bianche e nere hanno disegni geometrici con tracce di decorazione a encausto.

A poca distanza dall’ospedale cittadino, nella periferia sud-occidentale di Spoleto, sorge l’Abbazia dedicata a San Paolo Inter Vineas, citata in alcune fonti storiche fin dal lontano VI secolo. In uno dei suoi scritti, Gregorio Magno racconta di un vescovo ariano che venne colpito da cecità improvvisa per aver tentato di celebrare forzatamente una messa all’interno della chiesa. Ancora, ne abbiamo traccia in una fonte del X secolo che cita l’Abbazia in occasione della fondazione di un convento femminile. Le forme attuali dell’edificio sono tuttavia dovute al rifacimento del 1234 e ad un profondo restauro, conclusosi nel 1965, che ripristinò le antiche forme romaniche dell’impianto architettonico.

I resti più antichi dell’Abbazia di San Paolo Inter Vineas sono infatti costituiti dal chiostro, formato da arcate a tutto sesto sorrette da colonne e pilastri alternati, che apparterrebbero all’antico convento femminile del X secolo.

Esternamente la chiesa presenta una facciata molto simile alle chiese cittadine di S. Pietro e S. Ponziano con il portale d’ingresso a tre cornici rincassate e il bellissimo rosone centrale decorativo, nella parte superiore. All’interno lo spazio si articola in tre navate che terminano nel transetto. Molti degli affreschi che decoravano le pareti dell’intero transetto e dell’abside sono stati rimossi e, purtroppo, persi durante l’intervento di restauro. Le scene rimaste permettono di ipotizzare l’azione di almeno due distinte mani artistiche, presumibilmente tra il XII e il XIII secolo.

La piccola ma graziosa Chiesa di Sant’Ansano sorge a poca distanza dall’Arco di Druso e dall’area archeologica cittadina. L’edificio così come noi lo vediamo oggi è frutto dell’intervento operato dal milanese Antonio Dotti nel Settecento.

La chiesa presenta una pregevole facciata decorata da quattro grandi semicolonne, due per lato. Si accede all’interno tramite una piccola porta centrale, sormontata da una semplice finestra rettangolare che illumina l’edificio.

All’interno la chiesa è ad un’unica navata e conserva pregevoli opere d’arte tra cui un bellissimo affresco della Madonna col Bambino e due Santi, realizzato da Giovanni di Pietro, meglio noto come “Lo Spagna”, ed una tela raffigurante il Martirio di Sant’Ansano realizzata dal pittore seicentesco Archita Ricci da Urbino.

Da una stretta scala si accede alla sottostante Cripta di Sant’Isacco, un monaco siriano arrivato a Spoleto nel VI secolo, pioniere della vita eremitica presso il Monte Luco. La Cripta è divisa in tre navatelle separate tra loro da piccole colonne di riutilizzo con capitelli altomedievali databili all’VIII-IX secolo, e voltata a botte. Sono custoditi numerosi affreschi del XI-XII secolo. Gli scavi archeologici hanno testimoniato che la chiesetta dovette essere costruita in età paleocristiana presso un preesistente tempio romano. In seguito, col passare dei secoli e a causa dell’innalzamento del manto stradale, fu necessario costruire la nuova chiesa al di sopra di quella precedente che ne divenne la Cripta.

Il complesso dedicato a Sant’Agata si trova nell’omonima via, presso la zona archeologica di Spoleto, e si compone di una piccola chiesa, di cui si conserva solo il porticato, e dal Convento fatto costruire, nel 1395, dalle monache benedettine che dimoravano presso la Chiesa di S. Paolo Inter Vineas. Essendo divenuto un luogo poco sicuro, le monache ebbero la necessità di spostarsi all’interno delle mura cittadine occupando le abitazioni private della famiglia Corvi, ereditate da una consorella. Sui muri della struttura, risalente all’XI secolo, sono ancora visibili alcuni bassorilievi decorativi che rappresentano i volatili simbolo della famiglia. Nel Cinquecento il complesso venne ampliato ed in parte modificato. È di questo periodo il bellissimo affresco, attribuito ad un anonimo pittore spoletino, che si trova sul muro di fondo del refettorio raffigurante L’Ultima cena e Orazione di Cristo nell’orto di Gethsemani.

Nel 1868 il Convento venne espropriato dal neonato Stato italiano e le monache, costrette ad abbandonare la propria sede, devastarono il complesso provocando ingenti danni a pavimenti ed infissi prima di trasferirsi definitivamente presso il monastero di Santa Lucia di Trevi, nel 1965.

Dal 1870 al 1954 Complesso di Sant’Agata ospitò il carcere femminile mentre oggi è sede del Museo Archeologico Nazionale di Spoleto.

Della Chiesetta annessa al convento, che venne costruita a ridosso del preesistente teatro romano, si conserva soltanto il porticato composto da tre fornici di arcate a sesto acuto su colonne dell’XI secolo.

La bellissima chiesa romanica di Santa Eufemia sorge all’interno del cortile del Palazzo Arcivescovile di Spoleto. Le fonti parlano di una chiesa, nei pressi del Palazzo Ducale, dedicata alla santa fin dal X secolo, quando ancora la città era capitale del potente ducato.

La tradizione racconta che Gunderada, abadessa di un monastero benedettino, in una notte del 980 con alcune consorelle ed un sacerdote recuperò il corpo del martire Giovanni, vescovo di Spoleto, portandolo nella chiesa che, in seguito, divenne meta di pellegrinaggi dopo l’avvenimento di varie guarigioni miracolose. Nell’XI secolo, la chiesa subì profondi rimaneggiamenti ed ampliamenti in seguito alla realizzazione del Palazzo Arcivescovile che inglobò la struttura precedente, arricchendola in questa occasione di numerosi elementi lombardi. Oggi la Chiesa costituisce il più pregevole esempio di architettura romanica di stile lombardo di tutta la città.

Nel 1446, il papa Eugenio IV nominò il fratello Marco Condulmer amministratore della diocesi e fu per volontà di quest’ultimo che, per qualche tempo, la chiesa cambiò intitolazione e venne dedicata a Santa Lucia. Oggi si conserva ancora, all’interno della chiesa, una colonna decorata con un affresco di Santa Lucia, datato al 1455.

Nei secoli successivi la chiesa di santa Eufemia subì numerosi rifacimenti per lo più dannosi, fino al definitivo restauro in età moderna, realizzato tra il 1907 ed il 1954 dall’archeologo di Spoleto Giuseppe Sordini e, ad oggi, è utilizzata sporadicamente per eventi liturgici, artistici e culturali, essendo stata sconsacrata da lungo tempo.

La facciata, particolarmente semplice, è realizzata in blocchi di pietra molto chiari con un ampio portale d’ingresso centrale ad archi rincassati e finestre bifore e monofore.

L’interno, articolato in tre navate separate da colonne e pilastri, ricorda moltissimo la chiesa di San Lorenzo di Verona, tanto da far ipotizzare il coinvolgimento di maestranze veronesi nella realizzazione di questa magnifica opera.

L’edificio civile del Palazzo Comunale di Spoleto si affaccia sull’omonima Piazza (del Comune), di fronte al Palazzo arcivescovile. Il nucleo originale del fabbricato risale al XIII secolo ma se le sue attuali sono frutto di rifacimenti ed ampliamenti successivi al Settecento, il suo unico elemento duecentesco originale è l’alta torre.

Un terremoto molto violento del 1703 danneggiò gravemente la struttura che venne restaurata e rinnovata nelle forme con la decorazione di entrambe le facciate: quella settentrionale, realizzata tra 1784 e 1786 dall’architetto Pietro Ferrari, e quella meridionale, che si affaccia su Piazza del Comune, realizzata dall’architetto spoletino Francesco Angelo Amadio, detto “Lo Scheggino”, a partire dal 1782.

A quest’ultima facciata venne accorpato, in età moderna, l’adiacente Palazzo Brancaleoni e, dal 1913, venne impreziosita dalle decorazioni degli artisti locali Giuseppe Moscatelli e Benigno Peruzzi. A Questi ultimi si deve anche la realizzazione di numerosissimi elementi decorativi pittorici e scultorei delle sale interne al palazzo comunale: la Sala dei Duchi con i ritratti dei più importanti duchi longobardi di Spoleto sul soffitto, la Sala Caput Umbriae in cui sono rappresentati tutti i cittadini più illustri nella storia della città e, infine, la Cappella di San Ponziano.

Gli ambienti interni dell’edificio ospitano, inoltre, importanti opere d’arte che vennero trasferite dall’ex Pinacoteca Comunale come una grande tela del Guercino e due affreschi rinascimentali dello “Spagna” (il pittore Giovanni di Pietro). Il palazzo è oggi sede dell’attuale Pinacoteca Comunale.

La bellissima chiesa di San Filippo Neri sorge presso Piazza Mentana e fu realizzata a partire dal 1640 su commissione di due ricchi cittadini di Spoleto residenti a Roma: Ugo Alberici e Loreto Vittori.

Il progetto dell’edificio venne affidato a Loreto Scelli e si concluse definitivamente nel 1671, con la costruzione della cupola. La consacrazione avvenne invece soltanto nel 1724.

La Chiesa di San Filippo Neri di Spoleto presenta le forme e caratteristiche architettoniche degli edifici ecclesiastici romani del Seicento, con elegante facciata in travertino impreziosita da lesene e da un bellissimo timpano. Lo spazio interno è scandito in tre navate separate da pilastri e transetto di grandi dimensioni sormontato dalla cupola.

All’interno della sagrestia è conservato un busto marmoreo di S. Filippo Neri, opera dello scultore Alessandro Algardi (1650). Le cappelle laterali ospitano altari seicenteschi e settecenteschi, mentre le pareti sono decorate da tele anch’esse settecentesche di autori quali Gaetano Lapis, Sebastiano Conca, Pietro Labruzzi ed il pittore spoletino Francesco Refini.

La particolarissima Chiesa di San Domenico sorge sull’omonima piazza di Spoleto, edificata in un pregevole stile gotico locale tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo è annessa al preesistente convento, realizzato nel 1247.

La chiesa venne realizzata in blocchi di pietra, disposti su filari orizzontali alternati di colore bianco e rosa, mostrando una particolarità costruttiva e decorativa che richiama le chiese umbre di S. Chiara ad Assisi e Santa Prassede a Todi.

All’edificio si accede tramite due portali, uno di piccole dimensioni, lunettato nella facciata centrale, l’altro più grande ed elegante, inquadrato da cornici arcuate, che si apre sul lato destro. La parte superiore della semplice facciata è decorata inoltre da un grande rosone.

All’interno la Chiesa presenta una sola navata con grande transetto e custodisce alcune opere degne di nota, tra le quali due affreschi di Giovanni Lanfranco raffiguranti il Trionfo di San Tommaso d’Aquino e la Madonna col Bambino e quattro Sante (Sant’Anna, Santa Caterina da Siena, Santa Caterina d’Alessandria e Sant’Elena).

Nel corso dei secoli la Chiesa di San Domenico di Spoleto subì numerosi rifacimenti, tra cui le decorazioni in stile barocco realizzate tra il Seicento e il Settecento che vennero rimosse nel Novecento in seguito all’intervento dell’architetto Ugo Tarchi.

La piccola chiesa dei SS Giovanni e Paolo sorge nel cuore della città di Spoleto, nell’area dell’antica Vaita Filittèria, il quartier bizantino di epoca medievale. L’edificio venne realizzato in conci di pietra e materiale di riuso di epoca romana. Un’iscrizione conservata all’interno data la fondazione al 1174, anche se grazie a recenti scavi è stato scoperto che l’odierna chiesa venne costruita su un precedente edificio religioso, individuato nello spazio occupato attualmente dalla cripta.

Si accede alla chiesa dei SS Giovanni e Paolo tramite un portale molto stretto, decorato a lunetta. La facciata esterna, di forme semplicissime, è decorata nella parte superiore da un rosone circolare con una croce all’interno e una cornice quadrata all’esterno. Sul muro sinistro esterno si conserva ancora, purtroppo in cattive condizioni, un bellissimo affresco raffigurante la Madonna e quattro santi.

All’interno lo spazio è composto da un’unica navata con il presbiterio, realizzato nel Cinquecento, rialzato al di sopra della Cripta (che oggi non è più accessibile) e da numerosi affreschi databili ad un periodo compreso tra il XII e XVI secolo. Particolarmente degno di nota è, sulla parete di sinistra, il Martirio di Thomas Becket da Canterbury, databile al XIII secolo. Questa straordinaria opera costituisce una delle rarissime rappresentazioni dell’assassinio del vescovo inglese, richiamando la sua controversia con il Cancelliere del Regno d’Inghilterra, Enrico II. L’episodio sarebbe interpretabile anche in riferimento alla storia della città, ricollegandosi alla lotta tra impero e papato per la conquista del Ducato di Spoleto. Sulla parete destra si trova un altro pregevole affresco che rappresenta il Banchetto di Erode con la Danza di Salomè. Un altro capolavoro raffigurante il Martirio dei Santi Giovanni e Paolo venne staccato da una parete della cripta nel 1961 ed è oggi conservato al Museo Nazionale del Ducato presso la Villa Albornoziana.

Gli affreschi più recenti sono attribuiti al prelato e pittore locale Pier Matteo Piergili che operò nella chiesetta nel Cinquecento.

La particolarissima ex Chiesa di Santa Maria della Manna d’Oro si trova nel cuore della città di Spoleto, nella splendida piazza Duomo, annessa al Teatro Caio Melisso. La chiesa venne eretta, come ringraziamento alla Vergine, dal Comune nel 1527 in seguito al sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi.

in tale occasione infatti, grazie alla protezione della Vergine, la città non solo venne risparmiata dalla furia delle truppe di Carlo V ma addirittura si arricchì enormemente grazie al commercio con i soldati invasori, paragonando questa ricchezza alla manna ricevuta nel deserto dai padri della Bibbia.

Strutturalmente la chiesa presenta una pianta rettangolare all’esterno, con tamburo ottagonale nella parte superiore. All’interno lo spazio presenta pianta ottagonale con presbiterio absidato, forma che le fu conferita in seguito ad alcuni interventi del 1679.

Al centro dell’edificio è custodito un pregevolissimo fonte battesimale del Quattrocento, proveniente dalla Cappella Eroli del vicino Duomo.

Oggi l’ex Chiesa di Santa Maria della Manna d’Oro, non più consacrata, è usata come centro espositivo.

L’Anfiteatro romano di Spoleto conserva ad oggi una gradinata (cavea) del diametro di 70 m, in parte costruita su un portico (ambulacro) semicircolare coperto da volte a botte, da cui gli spettatori accedevano, attraverso tre distinti varchi, ai posti a sedere. L’orchestra conserva ancora la pavimentazione in lastre di marmo colorato mentre sul proscenio sono visibili solo i fori per i pali del sipario.

Costruito fuori le mura nel II secolo d.C., tutto l’edificio è formato da pietrisco misto a calce e rivestito in opus vittata a blocchetti di calcare grigio tagliati regolari e disposti su filari orizzontali. Probabilmente l’anfiteatro doveva essere a due ordini di arcate sovrapposte di cui ad oggi si possono ammirare, a entrambi i livelli, ampi tratti dell’ambulacro esterno.

Grazie allo studio delle tecniche utilizzate l’opera è stata identificato come un progetto unitario. Nel 545 d.C. Totila, re degli Ostrogoti, trasformò il teatro in fortezza e per più di un secolo venne impiegata per usi militari. All’inizio del XII secolo nell’area dell’anfiteatro, vasta circa 17.000 mq, venne costruita una chiesa dedicata a San Gregorio Minore supponendo che quello fosse stato il luogo in cui il santo subì il martirio.

Nel Medioevo il teatro divenne luogo di commercio e i nicchioni delle arcate vennero adibiti a botteghe.

In seguito, l’area divenne una cava: i suoi materiali vennero utilizzati per la costruzione della Rocca Albornoz e, successivamente, per altri edifici cittadini.

Ad oggi gran parte dell’anfiteatro romano di Spoleto, dell’ambulacro e uno degli accessi minori alle gradinate è stata inglobata nel tessuto urbano e costituisce un unico corpo edilizio appartenete alla Caserma Severo Minevio.

La struttura attualmente ospita il museo archeologico di Spoleto e fa da sfondo a concerti ed eventi culturali tra cui il Festival dei  due mondi.

Il complesso monumentale dedicato a San Nicolò, composto dalla chiesa e dal Convento annesso, si trova nel centro storico cittadino di Spoleto, nei pressi di Via Elladio. La struttura venne realizzata a partire dal 1304 dai frati Agostiniani su un’area precedentemente occupata da alcune abitazioni private e da altri due edifici religiosi: la primitiva chiesa del IV secolo, dedicata a San Nicolò di Bari e la chiesa di San Massimo. Il nuovo complesso venne realizzato in forme monumentali con la Chiesa ad un’unica navata, dal forte sviluppo verticale, e il Convento che ospitava la ricca biblioteca divenuta un importantissimo circolo umanistico frequentato dai maggiori eruditi del tempo, tra i quali spicca il nome di Martin Lutero che vi dimorò nel 1512.

La facciata della Chiesa è molto semplice, a doppio spiovente con un portale d’ingresso in stile gotico, decorato da una lunetta affrescata rappresentante la Madonna tra i santi Agostino e Nicola, datato al 1412 ed attribuito ad un pittore convenzionalmente chiamato “Maestro della Dormitio di Terni“.

La struttura del convento è impreziosita dalla presenza di ben due chiostri: uno, trecentesco, realizzato in pietre bianche e rosa con arcate a tutto sesto sorrette da pilastri, ed uno, più tardo, realizzato nel XV secolo e costituito da due ordini di pilastrini in cotto.

I porticati racchiudono l’ampio cortile nel quale sono esposte due sculture lapidee di Anna Mahler: Donna che beve e Donna che guarda il sole.

Il complesso monumentale Di San Nicolò venne distrutto nel 1767 da un violento terremoto, cadde in disuso e fu adibito per secoli a magazzino e ricovero di fortuna fino al recupero avvenuto in epoca moderna, nel 1960.

Attualmente la struttura viene utilizzata come centro congressi ed espositivo per spettacoli culturali di vario genere.

Spoleto ha conservato pressoché intatto il proprio profilo antico strutturato su un’antica e suggestiva cinta muraria ancora visibile in varie aree della città.

Resti di mura, studiati dagli archeologi, hanno permesso di riconoscere differenti tecniche di realizzazione, databili ad un periodo di costruzione compreso tra il IV ed il I secolo a.C. Di fatto, i Romani mostrarono interesse per la città e per la sua difesa, soprattutto in seguito alla trasformazione, nel 241, di Spoleto in colonia e successivamente in municipium.

La cinta muraria di Spoleto doveva avere un’estensione completa di circa due chilometri, lungo i quali sono state riconosciute le tecniche costruttive dell’opera poligonale e dell’opera quadrata, sempre realizzate con l’utilizzo di blocchi squadrati molto allungati.

I luoghi più significativi in cui è ancora possibile scorgere i resti delle mura antiche tra le vie cittadine sono: lungo via dei Cecili, in cui buona parte del Convento di S. Nicolò è ancora oggi sorretto dal terrazzamento romano; presso il giardino di Piperno, dove un’iscrizione latina ricorda ancora i magistrati autori del restauro nel I secolo a.C. e, infine, i due archi superstiti del famoso Ponte Sanguinario, vicino Piazza Garibaldi.

Nell’area nord-occidentale della città, a poca distanza da Porta Fuga, svetta la torre più alta e meglio conservata di Spoleto: Torre dell’Olio. Nonostante le sue caratteristiche architettoniche la rendano databile al XIII secolo, la torre viene ricordata dalla leggenda e dalla tradizione come quell’insuperabile baluardo fondamentale nell’arrestare l’avanzata di Annibale, il generale cartaginese che nel 217 a.C. sbaragliò i Romani presso il Trasimeno avvicinandosi minacciosamente a Roma.

Appare molto improbabile che la torre esistesse già ai tempi di Annibale e dei Romani per cui è plausibile che il racconto tramandato dalle fonti faccia riferimento ad un precedente baluardo difensivo. La torre infatti si chiama così poiché dalle sue pareti si era soliti gettare olio bollente sui nemici. L’efficacia dell’azione difensiva è poi testimoniata dal toponimo della vicina Porta, detta appunto “Fuga”.

La torre dell’Olio di Spoleto ha una pianta che misura circa tre metri per sette e si innalza per più di quarantacinque metri, venti in più rispetto a Palazzo Vigili, l’edificio cinquecentesco di cui fa parte.

Il Ponte Sanguinario si trova nel centro storico di Spoleto, sotto Piazza Vittorio e vicino all’anfiteatro romano. Costruito in età Romana, presumibilmente nel I secolo a.C., Il ponte è formato da tre arcate circolari, realizzato a blocchi quadrati di travertino, pietra solida e con una grande resistenza all’usura del tempo. Fu Voluto dall’Imperatore Augusto per far superare il torrente Tessino alla via Flaminia ma nei secoli il torrente spostò il suo alveo verso nord per cui il ponte, ad un certo punto, perse la sua funzione e le numerose piene lo seppellirono.

L’opera fu rinvenuta nel 1817 durante i lavori di restaurazione dello Stato Pontificio e i lavori si conclusero, in gran fretta, nel 1820 in occasione della visita a Spoleto dell’Imperatore d’Austria Francesco II.

Ci sono molte leggende riguardo il nome del ponte, si narra che su di esso venissero decapitati i martiri e le loro teste gettate nel fiume, o ancora che da qui venissero gettati i corpi di chi moriva combattendo nel vicino anfiteatro.

Si narra inoltre che, nel 253 d.C., nelle vicinanze del ponte venne ucciso dai suoi soldati l’Imperatore Romano Emiliano, rimasto tale solo tre mesi.

La versione più accreditata dagli storici riguardo l’origine del nome Sanguinario è quella del martirio di San Ponziano, patrono della città di Spoleto. Intorno al II secolo a.C., sotto l’impero di Marco Aurelio, a Spoleto viveva un giovane nobile di nome Ponziano al quale durante la notte venne in sogno Dio chiedendogli di diventare suo servitore. Ponziano senza alcuna esitazione si convertì e cominciò a predicare la religione dei cristiani. Le politiche anticristiane di Marco Aurelio non davano tregua e quando i suoi soldati arrivarono a Spoleto, Ponziano non fu risparmiato dalla persecuzione. Dapprima gettato nell’anfiteatro in pasto ai leoni, ma le bestie non gli si avvicinarono, poi gettato sui carboni ardenti ma nemmeno il fuoco riuscì ad ucciderlo, infine lo decapitarono i soldati proprio sul ponte Sanguinario, la sua testa mozzata una volta fermatasi a terra prese a zampillare una fonte di acqua purissima, e è proprio in quel punto che sorge la chiesa a lui dedicata.

In epoche più recenti si è ipotizzato che il nome sanguinario possa essere considerato come una corruzione del termine “sandapilarius” che ricorda il nome della porta sandapilaria dell’anfiteatro romano oppure un rimando diretto al nome del torrente Sanguineto, confluente del Tessino.

Ad oggi per visitare il ponte è necessario scendere una corta rampa di scale e ma si possono ammirare solo due dei tre archi, in quanto l’opera e tuttora in fase di recupero.

Visitando il ponte e le tante meraviglie del centro storico avrete la possibilità di farvi un’idea sulle tante leggende che aleggiano su questo luogo magari facendo una pausa nei tanti localini della zona per degustare i tanti prodotti tipici.

L’arco di Druso e Germanico sorge a pochi passi da Piazza del Mercato, quella che un tempo fu il Foro di Spoleto.

In base alle iscrizioni ancora visibili, si può certamente dire che l’arco risale al 23 d.C. e che fu costruito per decreto del Senato in onore di Druso, figlio dell’imperatore Tiberio, e di Germanico, cugino di Druso ma divenutone fratello dopo l’adozione da parte di Tiberio. È formato da un unico fornice a grandi blocchi quadrati di pietra scolpiti in facciata a formare una cornice con decorazioni ad oggi molto frammentate. Durante il medioevo fu inglobato dagli edifici vicini e, solo grazie ai lavori di ristrutturazioni avvenuti negli anni 50, oggi si può ammirare la parte orientale della struttura visibile fino all’antico piano di posa.

La Chiesa di San Pietro Extra Moenia sorge ai piedi del Monte Luco, presso l’ingresso meridionale della città di Spoleto, ed è considerata da molti come una delle chiese romaniche più belle dell’intera Umbria.

La Chiesa di San Pietro Extra Moenia venne eretta, per volere del vescovo spoletino Achilleo, in un’area cimiteriale già frequentata dal VII secolo e destinata alla sepoltura dei vescovi (numerose infatti sono le lapidi funerarie conservate all’interno dell’edificio).

La chiesa ha subito numerosi rifacimenti nel corso dei secoli ma l’aspetto attuale si deve ai lavori realizzati tra il XII e il XIII secolo, periodo a cui si datano le preziose composizioni decorative della facciata. L’alternanza di cornici orizzontali e lesene verticali crea una serie di pannelli decorati con bassorilievi dai soggetti più diversi che conferiscono alla facciata un aspetto unico nel suo genere, di stile romanico ma dall’eleganza rinascimentale.

Alla chiesa si accede tramite un’ampia scalinata seicentesca che conduce ai tre portali d’ingresso, quello centrale inquadrato da leoni, i due laterali da arieti. Il portone centrale presenta sull’architrave e tutto intorno bassorilievi con l’Albero della Vita e altri elementi simbolici quali il cervo che divora il serpente, il pavone simbolo di resurrezione, la rappresentazione del lavoro dell’uomo.

Ai lati del portale centrale si trovano pannelli rettangolari contenenti scene relative alla vita di S. Pietro, nei pannelli superiori a sinistra: la lavanda dei piedi e la chiamata di Pietro ed Andrea da parte del Cristo, mentre gli altri rappresentano scene simboliche legate alla religione cristiana ed alla fabulistica medievale: la morte del giusto, la morte del peccatore, il leone e il taglialegna, la volpe finta morta e i corvi, il lupo studente ed il montone, il leone ed il drago. Ogni elemento figurativo ha un suo significato simbolico ben preciso legato agli insegnamenti della chiesa medievale: il pentimento in punto di morte che salva i peccatori dalla dannazione eterna, la volpe simbolo di Satana che si finge qualcosa che non è per attirare a sé le anime degli uomini rappresentate dai corvi e così via. Al di sopra delle porte laterali, architravate e decorate da un arco a tutto sesto, si trovano due formelle raffiguranti San Michele Arcangelo che trafigge il drago e un Santo Vescovo.

La parte superiore è invece occupata da tre rosoni, quello centrale inquadrato da una cornice di gusto cosmatesco e dai simboli dei quattro evangelisti. Infine, nel timpano centrale è stato ricavato un pannello rettangolare che doveva forse ospitare un mosaico decorativo mai realizzato.

All’interno l’edificio si articola in tre navate absidate, separate da pilastri che sorreggono archi a tutto sesto e ospitano cappelle con altari decorativi. La bellissima cupola ellittica che sovrasta l’aula costituisce un unicum in Umbria.

All’interno si trovano opere d’arte di autori diversi appartenenti a secoli che vanno dal XII al XVII.

Il Santuario della Madonna di Loreto è situato alla fine dell’omonima via (Loreto), nei pressi della Porta di San Matteo, in seguito anch’essa ribattezzata “di Loreto”.

Nel 1537 In questa zona era già stata eretta, dallo spoletino Jacopo Spinelli, una Maestà inserita all’interno di una pregevole riproduzione della casa di Nazareth. La decorazione pittorica dell’opera, con un affresco raffigurante la Madonna e i santi Sebastiano e Antonio, era stata affidata a Jacopo Santoro da Giuliana, detto Jacopo Siculo. Secondo la tradizione, il dipinto non venne ultimato dagli artisti ma per intervento divino, divenendo fin da subito oggetto di profonda venerazione.

In occasione del terremoto che colpì Spoleto nel 1571 i cittadini si rivolsero alla Vergine ottenendo l’arresto del sisma. Secondo i racconti locali, molti fedeli in tale occasione videro gli occhi della Madonna muoversi verso gli astanti. Da allora si decise di costruire un imponente edificio per custodire la sacra immagine e di rendere monumentale la strada che ad esso conduceva, con la realizzazione dell’omonimo portico. Fu così che a partire dal 1572 venne realizzata la moderna chiesa su progetto di Annibale dè Lippi di Firenze. La chiesa si presenta in facciata molto semplice ad elegante, con due ordini separati da una cornice aggettante, decorati da lesene sormontate da un fregio liscio. La parte superiore è impreziosita da un grande timpano ed un arco a tutto sesto che inquadra la finestra centrale. Il portale d’ingresso, anch’esso monumentale e ben lavorato, venne realizzato successivamente nel 1662. L’interno è ampio, a croce greca, con uno stile rinascimentale elegante e raffinato. Vi sono custodite varie opere d’arte tra cui dipinti e sculture del XVII secolo, mentre al centro campeggia la bellissima Maestà di Spinelli.

Nella periferia settentrionale di Spoleto, fuori dal centro storico, sorge una bellissima villa con un immenso giardino che oggi è divenuto parco pubblico, un magnifico spazio verde dedicato a cittadini e turisti. Nel luogo dove un tempo sorgeva un quartiere romano venne realizzata, nel XVI secolo, una elegante dimora signorile su commissione della nobile famiglia spoletina dei Martorelli. Nel corso dei secoli l’edificio subì varie modifiche strutturali, cambiando di volta in volta la proprietà. Nel Settecento venne acquistata dalla famiglia Locatelli, i cui membri vollero conferirle un aspetto grandioso, degno dei Pontefici Pio VI e Pio VII che vi abitarono. Nel 1823, la struttura passò nelle mani di Francesco Marignoli che ne godette molto poco, cedendola quasi subito ad Annibale Sermattei della Genga, membro anch’egli di una nobile famiglia spoletina e divenuto papa nel 1823 col nome di Leone XII. Soltanto diversi decenni più tardi, nel 1885, la Villa venne acquistata di nuovo dai Marignoli, ottenendo l’attuale denominazione di Villa Redenta, ovvero “ricomprata”.

L’edificio presenta un corpo di fabbrica tra due torri angolari. Si accede tramite un ingresso monumentale definito da tre arcate sul lato che si affaccia al giardino, mentre un portone sormontato da balconcino, con ringhiera in ferro battuto, permette di accedere da Via Flaminia. All’interno sono conservati affreschi del XV secolo, un bellissimo mosaico pavimentale di epoca romana e numerose decorazioni del XVII-XIX secolo, tra cui soldati napoleonici a grandezza naturale. Particolarmente suggestivi sono i paesaggi esotici della Sala Cinese e le scene mitologiche della Sala Canoviana.

L’intero complesso di Villa Redenta è costituito anche da altri ambienti quali la cappella, la cafè house in stile Rococò, la foresteria e le scuderie.

Anche il giardino è sicuramente degno di nota. Ospita infatti più di 900 specie vegetali differenti, tra cui un secolare Cedro del Libano alto circa 19 metri. Lo spazio verde è impreziosito da un piccolo teatro all’aperto e finte rovine romane che rendono molto suggestiva l’intera area.

Oltre ad una storia millenaria e affascinanti monumenti, a Spoleto avrete la possibilità di scoprire una natura selvaggia. Fatta di secolari boschi e corsi d’acqua cristallina è, in altre parole, l’ambiente ideale per ogni tipo di escursione o per una semplice passeggiata all’aria aperta.

Pedalando su una bicicletta, a piedi o in sella ad un cavallo, sono numerosissimi i sentieri da percorrere. Immergetevi tra i lecci sempreverdi del “Bosco sacro” che ricopre il Monteluco. Scoprite i numerosi eremi e le grotte di cui è disseminato. Raggiungete il Santuario di Monteluco fondato, secondo la tradizione, da San Francesco in persona. Oppure pedalate lungo la Spoleto-Norcia. Una tratta ferroviaria dismessa che oggi è divenuta una splendida pista ciclabile. È lunga 51 chilometri, ed è caratterizzata da suggestive gallerie e alti viadotti da cui godere di panorami da favola. Spoleto, inoltre, è anche una tappa del “Cammino di San Francesco”, l’itinerario che ripercorre i luoghi della vita del Poverello di Assisi.

Restando in città potrete optare per un tour con le nostre guide professionali tra monumenti, chiese e musei. In aggiunta a questo potreste cimentarvi in una insolita caccia al tesoro, che si trasforma in una caccia alle “sculture”. L’edizione del Festival dei Due Mondi del 1962, infatti, aveva ospitato su proposta di Giovanni Carandente una vera e propria Mostra di sculture in città. Alla quale avevano partecipato ben cinquantatré scultori, tra i più noti del tempo. Realizzarono 104 sculture disseminandole tra le vie e le piazze cittadine. Buona parte di quelle opere d’arte sono oggi conservate al National Gallery di Washington. Con un po’ di pazienza, però, potrete avere il privilegio di ammirare alcuni di quei capolavori che ancora abbelliscono le strade spoletine.

Questo l’elenco delle sculture che potrete trovare in città: Teodelapio di Alexander Calder (Piazzale Polvani), Stranger III di Lynn Chadwick (Piazza del Duomo), Colloquio Spoletino di Pietro Consagra (Via Salara Vecchia/Via Filitteria), Spoleto 1962 di Nino Franchina (Piazza del Comune), Il dono di Icaro di Beverly Pepper (Piazzale Roma), Colonna del Viaggiatore di Arnaldo Pomodoro (Viale Trento e Trieste).

Nella parte nord della città si trova il Parco Pubblico di Villa Redenta. Una lussuosa dimora costruita su un antico quartiere romano. Oggi è uno spazio verde fruibile a tutti e ideale per una tranquilla passeggiata. A poca distanza troverete uno dei complessi monumentali più famosi di Spoleto. Nonché patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 2011, la Basilica di San Salvatore e il Monumentale Cimitero Civico. All’interno del quale, se non siete troppo superstiziosi o paurosi, sarà possibile ammirare delle ricche sepolture.

Dulcis in Fundo, potrete godervi un meraviglioso connubio tra natura e architettura. In grado di disegnare un panorama che non mancò di incantare un personaggio del calibro di Wolfgang Von Goethe quando, nel Settecento, visitò la città. Davanti alla vostra vista si aprirà l’indescrivibile scenario del Ponte delle Torri. Un’opera monumentale composta da dieci arcate che collegano il colle S. Elia con il Monte Luco e, immediatamente al di sopra, la maestosa fortezza della Rocca Albornoziana. Dalla cima del Colle S. Elia dominava e difendeva la città. La struttura oggi ospita il Museo Nazionale del Ducato di Spoleto.

Per saperne di più

La storia di Spoleto dalle origini al medioevo: il Ducato di Spoleto.

Per la felice posizione che occupa, sulla cima del colle S. Elia e ai piedi del Monte Luco che la proteggeva, l’area di Spoleto fu abitata fin dai tempi molto antichi. Resti di alcune abitazioni e parti di costruzioni megalitiche che formavano una primitiva cinta muraria, meglio note come Mura Ciclopiche, risalgono all’Età del Bronzo quando la zona era occupata dalla popolazione degli Umbri.

Spoleto interessò ben presto i Romani che cominciarono ad estendere il proprio dominio sulla città fin dal 241 a.C. facendone una colonia. Pochi decenni dopo, con la costruzione della Via Flaminia che attraversava la città da parte a parte (si entrava per Porta Monterone a sud e si usciva da Porta Fuga a nord), l’importanza della città crebbe ulteriormente. In occasione della seconda guerra punica gli Spoletini si distinsero per il valore con cui fermarono l’avanzata di Annibale verso Roma tanto da ottenere, nel 90 a.C., il prestigioso titolo di municipium. Per tutto il periodo dell’Impero, Spoletium dovette godere di grande fama e di ingenti ricchezze testimoniate dai numerosi resti romani ancora ben conservati in città. E questa condizione di privilegio e di forte egemonia non dovette venire meno nemmeno con la caduta dei romani e l’arrivo dei barbari.

I primi ad occupare Spoleto furono i Goti di Teodorico il Grande, che la presero nel 493. Pochi decenni più tardi, l’imperatore bizantino Giustiniano, nel tentativo di recuperare i territori già appartenuti all’Impero Romano d’Occidente, inviò in Italia il generale Belisario. Riuscì a strappare la città ai Goti nel 537 ma la perdette nuovamente nel 545. Sconfitti i Bizantini, il re Totila stabilì il proprio quartier generale proprio a Spoleto e riuscì a mantenerne il controllo fino al 552 quando venne definitivamente sconfitto da un altro generale bizantino, Narsete.

Già del IV secolo, Spoleto divenne sede episcopale sviluppando una forte gerarchia ecclesiastica dovuta alla posizione al confine con lo Stato Pontificio, che ne costituirà sempre un grandissimo punto di forza.

In seguito all’arrivo dei Longobardi in Italia Faroaldo istituì il Ducato di Spoleto che assieme a quello di Benevento costituiva la Longobardia Minor. Un territorio molto vasto, che arrivava fino alla Calabria, e di cui i Longobardi avevano pieno controllo. Sebbene sotto la giurisdizione longobarda, Spoleto ed i suoi duchi poterono conservare una certa autonomia proprio grazie alla vicinanza dello Stato Pontificio. La situazione si modificò in parte solo a partire dal 729, quando la città passò sotto il controllo del re Liutprando.

Il Ducato di Spoleto cadde nel 774, quando i Longobardi vennero duramente sconfitti dai Franchi, alleati del Papa, ed i territori del Ducato vennero inglobati nell’Impero Carolingio prima e nel Sacro Romano Impero poi.

La storia di Spoleto durante l’età comunale e il Rinascimento.

Nonostante l’annessione al Sacro Romano Impero, il dominio di Franchi e Carolingi non fu particolarmente gravoso per Spoleto che continuò a godere di potere ed autonomia fino al duro attacco di Federico Barbarossa, il quale, sceso in Italia per essere incoronato Imperatore dal Papa nel 1155, incendiò la città distruggendone buona parte.

Per diverso tempo il controllo della città e del suo territorio fu oggetto di disputa e scontri tra Impero e Papato, fino alla definitiva annessione di Spoleto allo Stato Pontificio, nel 1198.

In questo stesso periodo la città si era autonomamente costituita sotto forma di libero Comune. La nascita degli ordini mendicanti (Benedettini, Francescani, Domenicani, Agostiniani) e la loro diffusione presso il Monte Luco, contribuì alla crescita esponenziale degli edifici religiosi del centro storico e all’abbellimento ed arricchimento architettonico della città. L’intervento del Cardinale Albornoz nel XIV secolo, con la costruzione della Rocca, conferì ulteriore importanza a Spoleto che divenne uno degli avamposti del papa durante il periodo della cattività avignonese e contribuì a richiamare artisti e visitatori da tutta Europa, quali Filippo Lippi e Antonio da Sangallo il Giovane, che resero la città un florido centro culturale fino al Seicento.

La storia di Spoleto durante l’età moderna.

Tra alterne vicende e pur conservando sempre la propria storia di autonomia ed indipendenza, Spoleto rimase ancora formalmente sotto il controllo pontificio fino alla breve parentesi del Regno napoleonico. Infatti, tra il 1808 ed il 1815, la città venne proclamata capoluogo del dipartimento del Trasimeno (da Rieti a Perugia) per volere delle truppe francesi. Sconfitti gli invasori d’oltralpe, tuttavia la Chiesa riconquistò la città e ne guidò le sorti fino al 1860, anno dell’annessione di Spoleto al nascente Stato italiano.

Nel secondo dopo guerra la città conobbe un periodo di profonda crisi economica legato al calo di occupazione nel settore agricolo e presso le miniere di lignite, che provocò una forte spinta migratoria.

Il periodo di difficoltà, tuttavia, pose le basi per la rinascita in chiave moderna con l’istituzione di eventi, manifestazioni ed enti locali che sono oggi l’attrazione turistica di Spoleto ed anche la sua linfa vitale ed identitaria: nel 1947 fu fondato il Teatro Lirico Sperimentale, nel 1952 nacque il Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, nel 1958 si svolse la prima edizione del Festival dei Due Mondi, arrivando alla famosissima Mostra delle Sculture di Spoleto nell’edizione del 1962, che rimane ancora oggi un evento culturale unico in Italia!

Scopri il grande artigianato di Spoleto tra le vie del centro storico.

Sebbene la frenesia del mondo e della società moderna siano arrivate anche nel cuore di Spoleto, la città conserva ancora tra le strette vie del centro storico medievale la bellezza delle antiche botteghe artigiane. Così come per le prelibatezze culinarie dal gusto intenso e per le creazioni architettoniche che hanno saputo vincere la sfida del tempo, allo stesso modo potrete ammirare ed acquistare manufatti di alta qualità, pregiatissimi. Realizzati con tecniche di lavorazione che si perdono nella storia della tradizione. I cui risultati vi permetteranno di portare a casa non solo un pezzo unico prodotto a mano da esperti artigiani ma, soprattutto, un pezzo di storia locale. E di artigianato, Spoleto, ne ha per tutti i gusti. Dalla ceramica, ai tessuti, passando per il legno ed i metalli. Avrete soltanto l’imbarazzo della scelta.

Scopri cosa mangiare a Spoleto e i prodotti tipici locali.

Olio e vino

Situata nella zona meridionale dell’Umbria, in un territorio prevalentemente montuoso e collinare solcato dalle acque del fiume Clitunno, Spoleto vanta una ottima produzione di vini ma, soprattutto, di olio extra vergine di oliva. I terreni asciutti, sassosi ed in gran parte calcarei, il clima mite e le alture che arrivano fino a 400 metri sul livello del mare hanno costituito, fin dai tempi degli Etruschi, gli ingredienti fondamentali di un microclima che consente di ottenere prodotti vinicoli e oleari di altissima qualità. Alla maestria della tradizione si sono aggiunti col tempo l’esperienza e la tecnologia moderna, creando un connubio vincente che ha permesso di annoverare le produzioni umbre tra gli alimenti di maggior pregio a livello non solo regionale e nazionale ma, addirittura, a livello mondiale. Il pregiato olio extravergine d’oliva ottenuto dai secolari ulivi del circondario si è guadagnato, per le sue caratteristiche uniche, il marchio DOP (Denominazioni di Origine Protetta) dall’Unione europea. Più precisamente, la sua produzione rientra nella sottozona denominata UMBRIA DOP dei Colli Assisi Spoleto caratterizzata da una miscela di varietà scelte con cura: Moraiolo 60% minimo, Leccino e/o Frantoio 30% massimo, altre varietà massimo 30%. L’estrazione dell’olio extra vergine d’oliva è un’attività cardine dell’economia locale, artigiani esperti, eredi di una tradizione che si tramanda da generazioni garantiscono l’eccellenza dei prodotti presso aziende locali come Pietro Coricelli (dal 1939) o i Frantoi Feliziani (dal 1762). La produzione vinicola di Spoleto vanta il marchio di denominazione Colli Martani DOC, le cui produzioni spaziano dal bianco al rosso, fino anche a varianti di spumante e passiti, grazie alle caratteristiche pedo-climatiche del territorio che consentono di conservare ottimali livelli di acidità del suolo. Una menzione particolare va allo Spoleto DOC, prodotto su un territorio prevalentemente pianeggiante di oltre 23 mila ettari occupati dai vigneti del Trebbiano Spoletino dal quale si ottengono ben cinque varietà di ottimo vino. Le cantine storiche che conservano l’arte della produzione antica sono Spoleto Ducale, Casale Triocco, Collecapretta e Colle Uncinano.

Gastronomia

Spoleto stupirà anche i buongustai. Le specialità locali, infatti, spaziano dai primi piatti a base di pasta fatta a mano ai secondi dal sapore intenso di selvaggina, la cui carne profuma degli aromi dei boschi circostanti. Senza dimenticare i dolci della tradizione, corposi e tutt’altro che dietetici ma dal gusto intenso e deciso che vi farà leccare i baffi. A far da protagonista, neanche a dirlo dal momento che ci troviamo in Umbria, è sempre lui: il tartufo nero. Dovrete allora assaggiare gli spaghetti e la frittata, entrambi al tartufo nero, dal gusto inconfondibile. La frittata, nella sua semplicità vi stupirà per la sofficità e per l’insolito colore scuro. La maestria dei cuochi sta nel riuscire a cuocere a puntino le uova senza bruciare i preziosi tartufi che in esse sono immersi. Prima di passare ai secondi piatti ricordate ancora una specialità locale: gli Stringozzi o strengozze alla spoletina, una semplicissima pasta realizzata con acqua e farina, tagliata a strisce sottili ed immersa pochissimi minuti nell’acqua bollente così da rimanere al dente. Si condisce poi con un sugo all’aglio, olio e peperoncino dal gusto intenso. A questo punto sarete pronti a passare ai piatti forti a base di carne e selvaggina: la coratella di agnello, insaporita con sale, pepe, vino bianco e rosmarino metterà a dura prova la vostra scelta se dovrete barattarla con le braciole di “castrato” a scottadito, cotte alla griglia e spalmate con uno strato di salsa composta da lardo macinato e grasso di prosciutto, aromatizzati con rosmarino, aglio, salvia, sedano, cipolla e maggiorana. Olfatto e papille gustative si perderanno nella miriade di gusti e profumi. Senza dimenticare il “pillotto”, una particolare tecnica di cottura che consiste nello sciogliere sulle carni un bel pezzo di grasso arrotolato ad imbuto e involto in uno spesso foglio di carta di paglia. La carta viene incendiata a metà cottura facendo scendere la pioggia di grasso sulle carni allo spiedo. Non fa differenza che si tratti di capretti, agnelli, polli, piccioni, quaglie o tordi, potrete stare certi dell’ottimo risultato!

Infine, concludiamo il pasto con le dolci specialità da mangiare a Spoleto: la crescionda è un dolce soffice e gustoso a base di uova, insaporite da un miscuglio di sapori sapientemente amalgamati tra loro, dal latte agli amaretti, fino al cioccolato fondente grattugiato, cannella, un cucchiaio di mistrà e la scorza di un limone. Non è da meno neanche l’attorta, altro dolce tradizionale, dalla tipica forma a spirale, costituito da un morbido impasto a base di uova, zucchero e liquore (alchermes o rum), a cui si aggiungono mele, cioccolato fondente grattugiato, noci e uvetta. Spennellato con olio dopo la cottura e guarnito con lo zucchero. Una festa per il palato!

Alla meraviglia delle sue forme antiche, perfettamente conservate, Spoleto aggiunge la vivacità degli eventi che ne animano piazze e strade. Non si può visitare la città senza far coincidere la data del viaggio con l’evento più famoso per i suoi abitanti: il Festival dei Due Mondi. Ideato e proposto, per la prima volta, dal grande maestro Gian Carlo Menotti nel lontano 1958, l’evento è diventato un appuntamento annuale apprezzato ed atteso da artisti e turisti provenienti da tutto il mondo, emblema stesso della città spoletina. L’intento iniziale del fondatore era quello di unire i due mondi, culturalmente molto diversi, di Europa e America. Con la globalizzazione, l’evento si è trasformato in un vero e proprio tributo alla cultura e all’arte in tutte le sue espressioni: teatro, danza, musica classica e contemporanea, senza tralasciare scienza e cinema tra balletti, opere liriche, pittura, conferenze e concerti davvero per tutti i gusti. L’evento ha una durata di circa due settimane, la cui data d’inizio, variabile, è sempre fissata alla fine del mese di giugno. All’arte sono ancora dedicati due importanti eventi cittadini: la Stagione del Teatro Lirico Sperimentale A. Belli, che indice un vero e proprio concorso per tutti gli amanti della musica lirica, e la Settimana Internazionale della Danza, dedicata alle giovanissime promesse della danza nazionale ed internazionale. Un’altra settimana ancora è invece dedicata al recupero delle tradizioni, di cui Spoleto va fiera ed orgogliosa, con un dibattito scientifico di altissimo livello organizzato dal Centro Studi sull’Alto Medioevo.

Per gli amanti della cucina e dei prodotti locali, non mancheranno occasioni di degustazione, come gli eventi di Degusto e dei Frantoi Aperti, mentre i più estroversi non potranno perdere la vivace manifestazione primaverile fatta di canti, balli e musiche di Dj set di Spoleto a colori.

Aggiunto ai preferiti con successo.

Per creare il tuo itinerario avremmo bisogno di qualche informazione in più: indica dunque le date che preferisci, quanti siete e dai un valore ai tuoi interessi, così potremo iniziare a comporre la tua timeline insieme.