L’Anfiteatro romano di Spoleto conserva ad oggi una gradinata (cavea) del diametro di 70 m, in parte costruita su un portico (ambulacro) semicircolare coperto da volte a botte, da cui gli spettatori accedevano, attraverso tre distinti varchi, ai posti a sedere. L’orchestra conserva ancora la pavimentazione in lastre di marmo colorato mentre sul proscenio sono visibili solo i fori per i pali del sipario.
Costruito fuori le mura nel II secolo d.C., tutto l’edificio è formato da pietrisco misto a calce e rivestito in opus vittata a blocchetti di calcare grigio tagliati regolari e disposti su filari orizzontali. Probabilmente l’anfiteatro doveva essere a due ordini di arcate sovrapposte di cui ad oggi si possono ammirare, a entrambi i livelli, ampi tratti dell’ambulacro esterno.
Grazie allo studio delle tecniche utilizzate l’opera è stata identificato come un progetto unitario. Nel 545 d.C. Totila, re degli Ostrogoti, trasformò il teatro in fortezza e per più di un secolo venne impiegata per usi militari. All’inizio del XII secolo nell’area dell’anfiteatro, vasta circa 17.000 mq, venne costruita una chiesa dedicata a San Gregorio Minore supponendo che quello fosse stato il luogo in cui il santo subì il martirio.
Nel Medioevo il teatro divenne luogo di commercio e i nicchioni delle arcate vennero adibiti a botteghe.
In seguito, l’area divenne una cava: i suoi materiali vennero utilizzati per la costruzione della Rocca Albornoz e, successivamente, per altri edifici cittadini.
Ad oggi gran parte dell’anfiteatro romano di Spoleto, dell’ambulacro e uno degli accessi minori alle gradinate è stata inglobata nel tessuto urbano e costituisce un unico corpo edilizio appartenete alla Caserma Severo Minevio.
La struttura attualmente ospita il museo archeologico di Spoleto e fa da sfondo a concerti ed eventi culturali tra cui il Festival dei due mondi.